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IL GIGANTE, racconti a carattere magico-fiabesco

Rapolano Terme - Venerdì 13 marzo, ore 21.15 al Teatro del Popolo


Il lavoro prende spunto dai racconti Il Gigante e Lettere a Luisa di Paola Capriolo inseriti nel libro La grande Eulalia, Feltrinelli (1988), raccolta di quattro racconti a carattere magico-fiabesco.

I racconti, pur distinti, sono strettamente connessi tra loro.

Il Gigante è la storia di un prigioniero recluso da molti anni in una prigione costruita appositamente per lui vicino a una brughiera, al centro di un quadrato di terra battuta. Non si rivela mai quale crimine abbia commesso.

Nell’edificio arriva il nuovo capitano Eugenio che conduce la moglie Adele e il figlioletto Ottaviano a vivere in quella dimora isolata e fisicamente speculare alla contigua prigione. Il prigioniero è invisibile a tutti, anche al capitano e alla sua famiglia.Adele, giovane donna di estrazione borghese, ama suonare il pianoforte. Un giorno dalla cella del prigioniero si ode una melodia di violino: è lui a suonare con insospettata sensibilità. Ben presto in Adele, moglie del capitano, qualcosa cambia in modo repentino ed irreversibile: un entusiasmo attonito dapprima la incanta, poi l’avvinghia e la conduce verso una nuova, inebriante, mortale e orgasmica dimensione interiore. La donna catturata da quella musica, risponde con il suo pianoforte alla melodia del violino.

Lo spettacolo ripercorre i temi della dualità e delle precise simmetrie della vicenda. L’incontro tra i due protagonisti avviene esclusivamente attraverso la musica, l’elevazione ad uno stato “oltre” l’esistenza quotidiana si manifesta, fino al raggiungimento di quella dimensione armonicamente perfetta di un unisono “separato”. Il motivo dominante e ossessivo del racconto è la musica, ma anche l\'annullamento del tempo e la negazione dello spazio, il tema del doppio, il mito. Lo scandagliamento interiore realizzato attraverso simmetrie e opposizioni, accompagnate dalle metamorfosi dei caratteri, conducono alla completa decostruzione dei personaggi: uomini e donne senza volto che agiscono nella vacuità del tempo e dello spazio. La loro vita si spegnerà, senza un motivo apparente, con lo spegnersi di quell’armonica sincronia di cui erano stati esecutori.

“All\'interno di una scenografia semplice e scarna, in cui ad emergere sono gli elementi terreni delle polveri rosse e bianche con cui i protagonisti cospargono il proprio volto ed i propri corpi e i giochi di luce che creano illusioni ottiche e tattili, i corpi dei danzatori si muovono senza mai toccarsi, lasciando lo spettatore in una dimensione di attesa che non verrà mai soddisfatta in pieno, come per renderlo partecipe del concetto di unisono separato di cui è permeato tutto lo spettacolo.”
(Sara Paradisi)

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