RENATO BINDI, ucciso a soli 19 anni da Partigiano, era nato ad Asciano
Asciano - Mercoledì 13 Marzo 2024, l’ottantesimo anniversario della sua morte![]()
Sarebbe interessante capire se ci sono ancora parenti in loco per poterne ravvivare la memoria.
L’iniziativa dell’ANPI provinciale di commemorare l’eccidio avvenuto all’interno della Caserma Lamarmora ad opera delle Milizie Repubblichine il 13 Marzo 1944, ha fatto riemergere prepotentemente il nome di questo concittadino.
La ricerca di notizie in loco, non ha, per ora portato a niente, forse perché la famiglia Bindi a cui apparteneva, si era trasferita a Castelnuovo Berardenga, dopo la sua nascita.
Da alcune ricerche bibliografiche, sono emerse notizie importanti su di lui e la sua esistenza, che è giusto ripotare di seguito.
Renato Bindi: contadino, celibe di anni 19, nato il 12 agosto 1924 ad Asciano e residente a Castelnuovo Berardenga.
Dopo la caduta del Fascismo e la nascita della Repubblica di Salò, il 30 novembre 1943 si arruolò come bersagliere del V Reggimento di stanza a Siena ma, Lunedì 10 gennaio 1944, decise di disertare.
Unitosi a un distaccamento della Brigata Garibaldi "Spartaco Lavagnini", venne catturato Sabato 11 marzo 1944 in seguito ad un rastrellamento sul Monte Cuoio nel Comune di Monticiano, da parte di agenti dell’Ufficio Politico della Federazione dei Fasci di Siena. Il rastrellamento fu scatenato come reazione ad un attentato verso un auto della Guardia Nazionale Repubblichina di Grosseto eseguito da membri della Brigata Garibaldi.
Renato fu momentaneamente recluso nelle carceri di Siena insieme a Tommaso Masi, Primo Simi, Adorno Borgianni, Leandro Muzzi, Mario Muzzi e Alberto Paolucci, anch’essi fermati nel corso della medesima operazione.
Lunedì 13 marzo, convocato il Tribunale Straordinario presso la Caserma di Santa Chiara, Renato fu accusato di diserzione e condannato a morte. La condanna fu eseguita lo stesso giorno alle ore 18, all’interno della Caserma Lamarmora. Insieme a lui, furono fucilati: Tommaso Masi, Primo Simi e Adorno Borgianni. All’esecuzione provvide un plotone della Guardia Nazionale Repubblichina.
È doveroso ricordare che, nel rastrellamento di Monte Cuoio, furono catturati altri 11 partigiani, di cui uno morì a Siena per le ferite riportate durante lo scontro e gli altri 10 vennero uccisi a Scalvaia come immediata rappresaglia.
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